Enrico cappelletti pittore d'arte


Vai ai contenuti

Cenni su l'Iconografia

Se…
L’icona è il luogo in cui il Mistero si fa presente, nessun particolare può essere trascurato, neppure il più marginale, anzi è proprio l’estrema fedeltà alla tradizione e la cura dei procedimenti tecnici a garantire il legame con il Trascendente.
L’icona è un oggetto compiuto in se, un microcosmo che ripropone la verità e la perfezione del macrocosmo di cui è riflesso, un tempio alla cui costruzione prodigiosa concorre tutto il creato: L’uomo, gli animali i vegetali i minerali e ancora , la terra, l’aria l’acqua, il fuoco, in un equilibrio misterioso in cui tutto è offerto e sublimato affinché il bello possa esprimere il vero .
È l’opera dello Spirito, che rende quel legno dipinto attraverso la fede, un Sacramentale, veicolo efficace, della grazia divina, segno vivo di DIO, e presenza del suo volto. Per costruirla sono state impiegate: obbedienza, perizia, esperienza e genialità, ma soprattutto occorre Ascesi Spirituale, Umiltà e viva Fede. L’iconografo sa di aver solo prestato le mani al Signore affinché egli si manifestasse, sa di aver compiuto un servizio di aver risposto alla sua vocazione. Ecco perché
non firma l’ opera.
Tutto ciò che in essa è detto non è suo ma appartiene all’estremo mistero di DIO, che egli ha contribuito a render più vicino all’uomo.
Tecniche fondamentali di esecuzione
La scelta della tavola richiede attenzione, esperienza e conoscenza dei canoni: si deve infatti dare la preferenza ad un legno compatto, poco resinoso, ben stagionato che permetta una buona conservazione della pittura nel tempo e non diventi facile preda dei tarli. La tavola deve essere tagliata nel tronco in piena massa, il più possibile vicino al centro per garantire la massima solidità. Per le icone di grandi dimensioni è necessario assemblare più assi, che vengono ancora oggi connesse fra loro a incastro o “immaschiatura” fissate poi con colla e perni di legno. A questo punto è già stabilito quale sarà il lato della tavola da dipingere.
Successivamente sul retro per irrobustire la tavola si incastrano senza l’aiuto di colle ne di chiodi, ma facendole scorrere in solchi rettangolari con bordi a coda di rondine, delle traverse in legno più duro, poste perpendicolarmente all’andamento delle fibre, in modo che esse esercitino trazione uguali e opposte alla superficie da dipingere.
A partire dal diciottesimo secolo si introduce in Russia un altro sistema di rinforzo, due listelli incastrati nello spessore della tavola alle estremità in alto e in basso. Il riscontro di questa pratica permette di datare con certezza le icone del tempo. Pronta la tavola sulla superficie si stende una tela di lino ( tecnica Greca) operazione importante per la
preparazione del (levkas) strato bianco che costituisce la base definitiva della pittura.

Questo fondo composto di colla animale e polvere fine di alabastro, miscelate fra loro secondo ben precise proporzioni, viene steso sulla tavola. Quando la tavola è ben asciutta si passa alla levigatura, per renderla liscia come avorio, successivamente si passa all’incisione del disegno per non perderne i contorni durante la fase di doratura e colorazione dell’icona.
Doratura e pittura dell’icona
L’operazione della doratura richiede esperienza e conoscenza delle antiche tecniche e dei materiali in quanto l’oro simboleggia la luce incerata di DIO.
Il fondo deve essere inizialmente ricoperto con più strati di bolus successivamente lisciato e lucidato, su questa superficie si applicano i fogli d’oro zecchino che verranno protetti in seguito con la gomma lacca.
Terminati tutti i passaggi della doratura l’iconografo può iniziare il lavoro della pittura: è questo il momento più importante, che va accompagnato dalla preghiera e dalla meditazione sul mistero divino che nell’icona sarà reso visibile.
Poi ha inizio la preparazione dei colori, secondo antichissime ricette tramandate attraverso il tempo. La tavolozza dell’iconografo è costituita da pigmenti naturali, queste sostanze ridotte in finissima polvere vengono legate con un collante albuminoide come il tuorlo d’uovo o la colla di caseina.


Terminata la lunga preparazione dei colori l’iconografo si accinge alla loro stesura, impiegando pennelli morbidi ed elastici di puro pelo di bue, scoiattolo o di martora. Dapprima si stendono i colori di fondo nella tonalità più scura, successivamente si passa a lumeggiare via via schiarendo aree sempre più limitate, in modo da creare il senso del volume, come se tutto fosse illuminato dall’interno. Gli ultimi strati sono i punti di massima luminosità, vengono sottolineati con il bianco puro. Lultima operazione costituita dalla iscrizione, l’iconografo scrive il nome del personaggio o della festa rappresentata nell’icona. Questa scritta suggellando la fedeltà dell’icona al prototipo, dichiara che quanto è visibile nell’immagine è realmente presente e partecipe della liturgia celeste. Quando l’ultimo tocco di pennello è stato dato si procede alla stesura dell’olifa vernice grassa, la cui ricetta è a base di oli di lino cotto con aggiunta di resine e sali minerali. Tutto il lavoro descritto non basta di per sé a realizzare veramente un’icona, senza la benedizione finale, altrimenti avremmo solo un pezzo di legno dipinto


Enrico Cappelletti | Cenni su l'Iconografia | Icone | Hanno scritto | Altre Opere | Bassorilievi | Riconoscimenti | Contatti | Mappa del sito


Torna ai contenuti | Torna al menu